Vivere il fiume Pasquale Marziliano
Agosto dell’anno 2010. Mi piace star seduto sulla sponda di un fiume, e guardare l’acqua che scorre.
Le forme dell’acqua in movimento mi affascinano e mi ipnotizzano. Il fiume è il Lao, e io mi trovo nel Comune di Papasidero, in una spiaggetta dove sbarcano canoe e gommoni raft provenienti da chissà dove.
Agli inizi provo un senso di fastidio, il movimento dell’acqua provocato da quei gommoni non è naturale, trovo chiassoso il vociare disordinato di chi è a bordo di quei gommoni o canoe.
Tuttavia, qualcosa in loro mi colpisce, agli inizi non riesco a capire cosa, guardo con attenzione i loro volti, e improvvisamente scorgo nei loro occhi e nei loro sguardi scintille di felicità, e improvvisamente mi vengono in mente, e non so neanch’io perché, “I paradisi artificiali” di Charles Baudelaire e i libri di Carlos Castaneda. Scorgo in loro, nella loro discesa del fiume, un ampliamento della coscienza, o forse della conoscenza, che li trasporta in una realtà e coscienza non ordinaria: quella di guardare ciò che li circonda da una visuale insolita, quella di un fiume.
Questa consapevolezza mi coinvolge, mi affascina, trasporta la mia mente in quel fiume, e riesco a sentire il rumore dell’acqua che scorre ancor prima di scorgerne il luccichio. Decido di percorrere quel fiume. Mi piacerebbe farlo in canoa, ma non ne sono capace. Mi informo. La compagnia è la “Rafting Adventure Lao”, l’uomo di riferimento è una sorta di omone che a prima vista mette anche un po’ di timore, mi avvicino guardingo, chiedo come fare per discendere il fiume.
L’omone davanti a me non è l’orso che mi immaginavo, dietro i suoi bruschi modi si nasconde un cuore tenero e una grande passione e rispetto per il fiume. Mi metto d’accordo, e nei giorni seguenti effettuo la mia prima discesa in gommone. Durante la discesa, un susseguirsi ininterrotto di emozioni, uno stato d’animo che passa in una frazione di secondo dal timore di cadere in acqua ed essere trasportato dalla corrente, alla gioia indescrivibile di cavalcare una rapida.
La fine della rapida è un rilascio di adrenalina, una gioia infinita. Mi rinvengono in mente gli sguardi e l’espressione degli occhi di chi sbarcava a fine discesa in quella spiaggetta dove solitamente mi fermavo a guardare il fiume.
E io, quasi a ringraziare il fiume, e quella mia prima discesa del Lao, mi chino ad accarezzare l’acqua con le mani e a lavarmi la faccia e il collo. Una specie di battesimo. Anche in questo semplice gesto, colgo la potenza e la bellezza del fiume.
Le vacanze sono terminate, ritorno nella mia residenza, ma quel ricordo della discesa in fiume è rimasto dentro di me, vorrei imparare ad andare in canoa. Trovo una scuola di canoa, faccio prima un corso base e poi un corso avanzato. Mi appassiono, mi piace, rovo nell’andare in canoa una nuova dimensione che prima non conoscevo.
Da allora il fiume è diventato un mio compagno di vita. Inizio a scendere i fiumi della Lombardia e del Piemonte, attraversando momenti di sconforto o euforia. Non è solo il fiume a cambiare continuamente in una discesa, ma anche le emozioni che proviamo dentro di noi.
Gioia, rabbia, sconforto, euforia, paura, è tutto un insieme di emozioni che coinvolge tutti i nostri sensi. In certi momenti sembra di aver trovato un equilibrio perfetto con l’acqua, sentiamo la canoa quasi come una estensione del nostro corpo, ma poi può capitare una piccola distrazione, un movimento non coerente con il volere dell’acqua, e ci si ritrova a testa in giù, un attimo di paura, ma che fa parte dell’andare in canoa, ma ecco che ti ritrovi al tuo fianco una mano, una corda, oppure la maniglia di una canoa, oppure qualcuno che ti grida “cooooorda”, e tu la prendi, e a pendolo ti ritrovi a riva.
E anche in tutto questo un susseguirsi continuo di emozioni quasi impossibile da spiegare, se non si è un poeta, e io non sono un poeta, ma un semplice appassionato di canoa, un modesto kayaker, che vi invita a provare direttamente in fiume queste emozioni. Questa passione mi porta a discendere molti fiumi, in varie regioni italiane e anche all’estero: Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Albania. Mi permette di allacciare rapporti di fratellanza con tanti amici, perché in fiume l’amicizia diventa fratellanza. In canoa si è da soli, ma non ci si sente mai abbandonati. In fiume si è tutti fratelli. Ci si aiuta l’un l’altro. Se uno dovesse ribaltarsi in canoa, tutti gli altri sono lì per recuperarti, non c’è paura, c’è estrema fiducia nei tuoi compagni: il fiume come mezzo per riscoprire la fratellanza tra uomini e donne. In fiume non esistono nemici. Ci sono solo i tuoi fratelli, e chi è più esperto di te non si risparmia nel consigliarti, nel guidarti, nell’indicarti le migliori linee.
Ma è stata la prima discesa in canoa sul Lao, un anno dopo aver fatto la prima discesa in gommone, ad avermi regalato le emozioni più grandi. E io, quasi come un novello Siddharta, trovo una parte del significato dell’esistenza umana nel fiume, nella voce delle sue acque, nel suo incessante fluire verso il mare, meta non ben delineata eppure immensa. E in quella prima discesa in canoa sul Lao, sento tutte le voci che hanno fatto parte della mia vita, vedo tutte le menti, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo, tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita.
E prendendo a prestito dei versi dell’Orlando Furioso di Ariosto, poi ripresi anche dal Banco del Mutuo Soccorso in uno dei loro più celebri brani, ho la consapevolezza e la percezione che dal letto di un fiume si domina la valle, e ciò che si vede, è. Ma se l’imago è scarna al vostro occhio, scendiamo a rimirarla da più in basso e planeremo in un galoppo alato entro il cratere ove gorgoglia il tempo e l’acqua che scorre, ininterrottamente. Acqua fonte di vita. Vivere il fiume, dentro di esso, e non soltanto sentirlo o vederlo.
Il fiume Lao può offrire tutto questo.